sabato 23 novembre 2019

ALDO PALAZZESCHI E LA POETICA DEL DIVERTIMENTO di Eduardo Terrana


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ALDO PALAZZESCHI E LA POETICA DEL DIVERTIMENTO
di Eduardo Terrana

Aldo Palazzeschi, all'anagrafe Aldo Giurlani, nasce a Firenze nel 1885. Compie studi tecnici e si diploma Ragioniere. Frequenta da giovane una scuola di recitazione e per qualche tempo fa l'attore nella compagnia di Lida Borrelli, ma interrompe presto quell'esperienza che non fa per lui.
Prende la strada della narrativa e avvia i primi tentativi di scrittore con un certo successo, piace infatti quel tocco di humour che riesce a trasfondere nelle sue opere e che suscita l'ilarità spontanea del lettore e dell'ascoltatore.
Si accorge di lui Marinetti che tenta di valorizzarlo nel movimento futurista, ma è un breve percorso il loro.
Alla iniziale fervida adesione al Futurismo , per cui scrisse nel 1913 anche un personale manifesto " Il Controdolore", Palazzeschi decide di staccarsene non condividendone l'ideologia interventista e nazionalista, il fanatismo eversore, l'esasperato tecnicismo.
Si dedica quindi esclusivamente alla sua attività di narratore. Dopo la morte dei genitori trasferisce il domicilio a Roma.
Vive però gran parte della sua vita a Firenze, con brevi soggiorni a Venezia, Parigi e Roma, dove muore il 17 agosto del 1974.
Nel panorama del novecento poetico italiano la sua produzione è di notevole importanza ed occupa oltre un cinquantennio. Scrive in poesia ed in prosa.
Tra le opere poetiche ricordiamo:I Cavalli bianchi , il suo primo volume di versi del 1905; Poesie, dal 1904 al 1914; L'incendiario del 1910, Cuor mio del 1968, Via delle cento stelle, del 1972.
Opere di narrativa sono: Il codice di Perelà e I racconti di stampe dell'800, del 1932; Il palio dei buffi, del 1937; Il buffo integrale, del 1966; e i romanzi :
Le sorelle Materassi, del 1934; Roma del 1953; Il doge, del 1967; Stefanino del 1969, l’ultimo romanzo.
La prima stagione poetica di Palazzeschi è nel volume di “Poesie”, che raccoglie i componimenti che vanno dal 1904 al 1914.
Vi troviamo il temperamento d’uno scrittore - fantasista , inquieto e insodisfatto che si affida all’ironia pur non mortificando i sentimenti.
Non è diverso l’animo del poeta nella raccolta “Cuor Mio”, pur se ormai è trascorsa l’età bella della giovinezza e il poeta si ritrova ultraottantenne.
Il poeta ormai, come egli stesso scrive, “ creatosi una forma , resta prigioniero di quella cioè di se stesso”.
Non si ha pertanto traccia di nuove formule, o di nuove mode in “Cuor Mio”, ma più pacatamente il libero estro di una fantasia mossa dalle occasioni e dalle meditazioni, dalla nostalgia o dall’ironia, che resta sostanzialmente fedele a un’idea di poesia come libera invenzione della vita e della realtà, seppure attraverso lo strumento divertente e demistificante del linguaggio, e ciò lo aggrada, perché, come scrive Ferdinando Camon, gli appare, “ un mezzo disinfettante di quel tanto di falso e di poco intelligente che è nella vita quotidiana e nella nostra società”.
La prima giovanile esperienza poetica rivela un’ironia surreale , leggera ed arguta, che s’impone sulla malinconia, sulla nostalgia, e più che autocompianto si fa sberleffo.
In quest’ottica la poesia “Chi Sono?,tratta dal volumetto “Poemi” del 1909, ci presenta, ma solo in apparenza, un autoritratto in negativo del poeta, infatti egli in fondo è almeno il saltimbanco della sua anima.
Una felice testimonianza della poesia di Palazzeschi è la lirica Rio Bo”, dove, al di là
di certe caratterizzazioni crepuscolari, si scopre solo ed inconfondibilmente il poeta.
Una fondamentale costante della personalità e dell’arte di Palazzeschi è la vocazione al riso, al gioco estroso della fantasia.
Una vocazione già presente nel suo manifesto “ Il Controdolore “ dove si legge: “Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello di cui abitualmente si piange, sviluppando la nostra profondità. L’uomo non può essere considerato seriamente che quando ride...Bisogna educare al riso i nostri figli, al riso più smodato, più insolente, al coraggio di ridere rumorosamente “.
Lo sberleffo e l’impertinenza, pertanto, sono alla base di molte delle liriche di Palazzeschi con una varietà notevole di soluzioni sperimentalistiche.
Nella lirica “Passeggiata” si coglie questo aspetto del poeta, seppur in chiave ancora futuristica.
Il poeta registra tutte le parole che legge durante una passeggiata. Dovunque si guardi sono solo insegne, cartelloni pubblicitari, numeri civici. Solo edifici e palazzi.
Solo muri su cui gli uomini lasciano il segno del loro spesso incivile passaggio.
Muri con parole che impediscono di vedere l’ambiente naturale, di sentirsi in contatto con esso e con la propria più autentica dimensione.
La vocazione al divertimento in Palazzeschi non è fine a se stessa, non si esaurisce nello sperimentalismo formale, non esclude infatti la malinconia, la nostalgia, l’affettuosa tenerezza, la pietà, che traspaiono meglio nelle opere narrative e nei romanzi.
Questa poetica del divertimento non adombra la figura di Palazzeschi, che resta indubbiamente un poeta genuino, che ha contribuito in modo sostanziale per forza d’estro ed istintiva umanità al rinnovamento della poesia italiana, è testimonianza però della profonda crisi di valori del tempo, che si riflette anche nella poesia e ne evidenzia il bisogno ormai di nuovi slanci e di nuovi canoni poetici. 

Eduardo Terrana
Saggista e conferenziere internazionale su diritti umani e pace
Tutti i diritti riservati all’autore



 

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